I nove racconti che compongono il volume “Le orme violate” sono la tappa ulteriore del percorso narrativo di Luciana Navone Nosari. L’autrice, infatti, ritorna alla forma-racconto, non come un passo indietro ma ampliandone le potenzialità, in un raccordo solido e vigoroso di stile e forma che genera una perfetta coincidenza di storie e personaggi non avulsi dalla vita. Essi la incarnano autenticamente nella lotta tenace contro la violazione compiuta dalla Storia, dalla crudeltà umana, dal pregiudizio gretto e ipocrita, e anche da un malinteso senso del bene, sulle orme che avrebbero voluto imprimere alle loro esistenze, e che invece generano dei destini deviati. Luciana Navone Nosari utilizza mirabilmente i passaggi tra diversi periodi storici con perfetta padronanza del tema centrale, di cui ritrae l’incarnarsi nei protagonisti e nelle protagoniste che, in ruoli principali o secondari, appaiono sempre coerenti con il contesto storico-politico-culturale e sociale, in cui sono inseriti i loro destini. Colpisce il vigore del linguaggio, frutto di un amalgama incisivo e scolpito sulle pagine con un cesello armonioso e sintetico di italiano e espressioni dialettali. Questa sintesi esalta la vitalità e l’autenticità di personaggi e storie, riunendo in un arazzo struggente il connubio o il contrasto, tra anime di persone e anime di luoghi. I racconti si distinguono anche per un perfetto alternarsi di toni drammatici e ironici, in un incontro fecondo e originalmente rielaborato tra Piero Chiara e Boccaccio, senza cadute di stile e concessioni a effetti comici gratuiti e di bassa lega. Il valore aggiunto che trascina e coinvolge chi legge fino all’ultima pagina è il vedere riflessa la propria vita in quelle narrate, cartine di tornasole che inducono a riflessioni profonde sulle proprie  scelte passate e future, e su eventi e persone che possono averle deviate. In ultima analisi, si può dire che le nove storie racchiudono anche un messaggio di speranza autentico e non falsamente retorico, in cui risalta la possibilità di riappropriarsi del proprio destino, sviluppando una capacità di empatia verso le sofferenze altrui, che si trasforma in solidarietà concreta e virtuosa, in cui io diventa noi. 

Claudio Ozella